La riforma della legge sui Parchi, approvata in Senato ed ora alla Camera, può rappresentare una grande occasione per il Paese, tuttavia riteniamo sia utile svolgere una brevissima riflessione con gli occhi di ricercatori esperti di suolo, agricoltura ed ambiente.
E’ noto che la Legge sulle Aree Protette 394/91 è stata lo strumento per tutelare, con forme diverse, oltre l’11 per cento del territorio italiano . Infatti parchi ed aree protette sono per il nostro Paese beni preziosissimi, testimonianze ed espressione di natura e paesaggio, storia e cultura antropica e naturale, risorse inestimabili da studiare e da vivere, ma anche laboratori di sviluppo e di occasioni innovative.
Tuttavia, a 25 anni dalla legge quadro del 1991, affinché questi beni non perdano ed anzi incrementino il proprio valore e possano svolgere un ruolo centrale per lo sviluppo sostenibile del territorio nazionale, è innegabile la necessità di nuovi e più adeguati strumenti normativi. Questi dovrebbero contribuire a superare alcuni noti ed evidenti limiti del passato quali le frammentazioni localistiche, la classe dirigente non sempre all’altezza della complessa gestione dei parchi, l’appesantimento burocratico, l’influenza di localismi e interessi politici, e l’evidenza che i parchi sono spesso percepiti dai territori come vincoli allo sviluppo e non come grandi opportunità di crescita e sviluppo. Una considerazione aggiuntiva merita il presunto contributo - come attuato dalla 394/91 - del mondo della ricerca alle decisioni dei Consigli Direttivi. Nella esperienza di tanti ricercatori risulta evidente che tale contributo ha avuto un peso scarso se non nullo nelle decisioni dei parchi.
In questo contesto, noi riteniamo che la riforma della legge sui Parchi può rappresentare una grande occasione per dotare il Paese di nuovi strumenti di tutela e di sviluppo.
Ci sembra quindi opportuno evidenziare i diversi aspetti positivi della riforma quali: (i) la governance dei parchi più snella e rafforzata, (ii) il maggiore potere decisionale e manageriale di cui è dotato il Presidente del Parco, (iii) la partecipazione degli stakeholder nei consigli, (iv) la semplificazione amministrativa, (v) la centralità del Piano del Parco che ora assume valenza paesistica (a seguito di VAS), (vi) il rafforzamento della tutela della biodiversità, (vii) la centralità e la quantificazione dei servizi ecosistemici forniti dal territorio del parco (ad es. rigenerazione del suolo; fissazione del carbonio), (viii) l’importanza di identificare e valutare pressioni e minacce per i valori naturali, culturali e per gli stessi servizi ecosistemici, (ix) l’analisi delle cause di minacce e pressioni, (x) la valutazione dei cambiamenti globali e dei cambiamenti antropici presenti nel territorio del parco, (xi) i piani di gestione della fauna selvatica per contenere le specie dannose e alloctone, (xii) la valorizzazione delle risorse e dei beni dei parchi e infine (xi) l’istituzione dei nuovi parchi del Matese, di Portofino e del Parco interregionale del Delta del Po (delega Governo).
Siamo inoltre consapevoli della grande difficoltà nel bilanciare la composizione del Consiglio Direttivo (art.3, 8-iter, a) tra due diverse esigenze: da un lato la tutela dei supremi interessi nazionali riguardanti la conservazione dell’ambiente e dall’altro la necessità di tenere in conto gli interessi delle comunità locali. E’ infatti evidente che un Parco è un complesso organismo che non può vivere né può essere gestito senza il pieno coinvolgimento e la complicità delle persone che vivono ed operano nei territori.
Ci auspichiamo quindi che l’iter parlamentare alla Camera dei Deputati possa trovare la migliore sintesi tra queste due diverse componenti che appartengono ad ogni parco italiano e nel farlo possa recuperare le importanti sinergie con il mondo delle associazioni ambientaliste.
Sempre con riferimento alla composizione del Consiglio Direttivo, un’ulteriore riflessione merita l’individuazione del 50% dei componenti scelti tra esperti in materia naturalistica e ambientale (art.3, 8-iter, b) in cui la componente scientifica è limitata alla sola, eventuale presenza di un componente designato da ISPRA. Inoltre – a differenza del 394/91 - il componente per la parte agricola è indicato dalle sole associazioni agricole. Considerando la complessità fisica e la multifunzionalità delle produzioni agricole di molti dei territori dei Parchi e le cocenti evidenze di nuovi processi di degrado del suolo in aree protette italiane, riteniamo che sarebbe utile recuperare nelle forme opportune (semmai nei regolamenti attuativi) la componente scientifica locale (università, enti di ricerca) che potrà utilmente contribuire alla migliore gestione ordinaria delle aree protette.
Un’ ultima considerazione ci sembra importante. E’ noto che l’espletamento di tutte le funzioni a cui devono assolvere i parchi sono molto impegnative, inoltre l’attuale legge di riforma prevede importanti attività aggiuntive come ad esempio la necessità – peraltro assolutamente condivisibile – che il Piano del Parco debba includere la valutazione qualitativa e quantitativa dei servizi ecosistemici, l’identificazione e la valutazione delle pressioni e delle minacce, la valutazione dei cambiamenti climatici e tanto altro. Ma come fa un Parco a svolgere tutte queste attività ? Ancor di più nell’attuale congiuntura economica sempre più restrittiva ? Forse una risposta c’è. Se la Legge quadro per la protezione e la gestione sostenibile del suolo (ddl 1181) diventasse legge dello stato i parchi avranno un grande aiuto. Infatti grazie al ddl 1181 i parchi avranno banche dati e modelli per valutare servizi ecosistemici, minacce, analisi di scenario per le VAS e tutto ciò per tutte le aree protette italiane e il tutto liberamente utilizzabile via web. Difficile ? No basta volerlo ! Aiutate il ddl 1181 ed aiuterete anche la piena implementazione delle legge di riforma dei parchi !
In conclusione, con questa nota noi ricercatori intendiamo esprimere il nostro sostanziale apprezzamento alla riforma della legge sui parchi, invitando alle riflessioni da noi proposte, con l’auspicio che la necessità di una riforma doti il nostro Paese di sempre migliori strumenti di tutela, valorizzazione e sviluppo del Bel Paese.
I PRIMI FIRMATARI (In aggiornamento)
Fabio Terribile: Direttore Centro di Ricerca Interdipartimentale CRISP - Università degli Studi di Napoli Federico II
Angelo Basile: CNR ISAFOM
Piero Manna: CNR ISAFOM
Luciana Minieri: CRISP - Università di Napoli Federico II
Roberto de Mascellis: CNR ISAFOM
Giacomo Mele: CNR ISAFOM
Antonello Bonfante: CNR ISAFOM
Laura Gargiulo: CNR
Antonietta Agrillo: Ricercatore Freelance
Pierpaolo Moretti : Università di Napoli Federico II
Antonio Mileti: Università di Napoli Federico II
Solange Scognamiglio: Dipartimento Agraria Università di Napoli Federico II
Paola Adamo: Dipartimento Agraria Università di Napoli Federico II
Simona Vingiani: Centro di ricerca Interdipartimentale CRISP
Giuliano Langella: CNR
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